Ho già detto che la fotografia di Natura ha una sua identità e può paragonarsi agli altri generi di fotografia se l'idea che la muove è quella di rappresentare la realtà naturale con le minori manipolazioni possibili ed in maniera tale da far esaltare anche dal punto di vista estetico il suo spirito. Questo spirito ha almeno due parti, sia pur non separabili: una "generale" riguardante il genere umano nel suo insieme ed una "personale" riguardante ognuno di noi. Lo spirito "generale" si incarna in quello stimolo importantissimo di sensibilizzazione che la fotografia - e la cinematografia - di natura hanno per la salvaguardia degli ambienti e delle creature del nostro pianeta. Lo tratterò in poche parole non solo perché può essere tradotto in immagini anche semplicemente documentaristiche che quindi interessano meno in questa sede (anche se indubbiamente foto di grande impatto estetico-emotivo ne aumentano l'efficacia), ma anche perché questo ideale è già noto. Esso ha grande apprezzamento e risonanza in tutto il mondo, lo giudico di una dignità molto elevata e l’ho richiamato con forza nel finale della prima parte di questo scritto. Lo spirito "personale", anche se molto meno capìto, merita un esame più profondo perché ci interessa di più come fotografi che vogliono esprimere un proprio punto di vista - fino al creativo - della realtà e verità naturali. La nostra mente ha sicuramente una parte emotivo-istintiva ed una parte ragionativa (non razionale perché questo termine ha un significato filosofico ben superiore a quello qui inteso). Queste due parti formano un tutto unico, integrato ed inscindibile, e solo scolasticamente possiamo "separarle". Ebbene: 1°) la fotografia naturalistica può soddisfare pienamente il lato emotivo del nostro essere, può ben saziare l'istintiva voglia di "bello", di "wonderful", di armonia di forme e di linee, di volumi e colori, né più e né meno delle foto manipolate (e quindi secondo me non più fotografie ma immagini) ritenute a torto più "artistiche". C'è chi considera "prodotto artistico" solo ciò che è bello, o ciò che emoziona, o ciò che è nuovo, o ciò che ti obbliga pensare, etc etc.. Ebbene dobbiamo riconoscere che in ogni genere di fotografia se esistono immagini degne di valore ne esistono anche altre prive di ogni requisito per essere definite artistiche, non tutti i nudi, non tutte le elaborazioni, non tutti gli still-life etc. sono "opere d’arte" e così è anche per la fotografia di Natura. C’è anche chi ancora non considera nessuna fotografia un prodotto artistico, ma non ho spazio per argomentare qui contro una posizione culturale ampiamente superata per la quale solo certi mezzi tecnici e non altri permettono alla persona di “fare arte”. Se fotografiamo la natura con uno scopo descrittivo e classificativo ci presenteremo in un consesso più di naturalisti che di fotografi. Possiamo essere però degli amanti della natura ed avere uno scopo narrativo, possiamo cioè cercare di cogliere nelle fotografie le nostre emozioni davanti alla Natura non manipolata, oppure vogliamo dare alle nostre opere un significato simbolico: entreranno allora in gioco sul valore dell'immagine finale tutte le regole classiche che guidano la lettura di ogni genere di fotografia, saremo dei fotografi naturalisti e potremo metter le nostre foto sullo stesso piano degli altri generi per mostre, libri o concorsi. Poi: 2) la fotografia di Natura può stimolare e soddisfare anche il nostro lato ragionativo come e più di quasi tutti gli altri generi. Infatti, soprattutto se ha un notevole aspetto estetico ci può portare a meditare sul fatto che la Natura è espressione diretta di un Creatore, di Ciò o di Chi ha creato l’Universo e quindi anche noi stessi e che è molto importante il rapporto personale che abbiamo con lui. Siamo molto attratti dal mistero della nostra genesi che per buona parte abbiamo in comune con la natura del nostro pianeta e la nostra mente è continuamente impegnata a capire quale senso ha la nostra vita. A differenza dei platonici io sto con quei filosofi convinti che sia importante sapere da dove veniamo e dove siamo per capire dove stiamo andando, e che non c'è un senso della vita da scoprire ma che siamo noi che possiamo dare un senso alla nostra vita. Sto andando oltre le forze della fotografia? Non credo, ma se sì bene, sto allora andando anche oltre le forze di tutta l'arte. Io credo che le opere d'arte e quindi anche certe fotografie debbano stimolare prima di tutto le nostre emozioni e che quando hanno fatto questo hanno già fatto tanto. Ritengo però che possano - forse solo in pochi casi - stimolare anche la mente, non solo nelle spesso sterili diatribe dei critici, ma in qualcosa di meglio che ci faccia riflettere sulla nostra vita, che è solo nel reale. E reale non è solo una sedia, ma anche un pensiero, un'idea, un’emozione. Allo stesso modo credo che il fotografo "non debba lanciare messaggi ma solo esprimere un punto di vista" (Cartier-Bresson), e quando il mio punto di vista viene capito ho già fatto tanto. Credo però che se la mia opera aiuta qualcuno a riflettere sulla sua esistenza e questo si traduce per lui in qualcosa di reale ho allora fatto mille volte di più. Ebbene, a mio parere, tra le arti figurative la fotografia è quella che più ha in sé questa possibilità proprio perché può essere più vicina alla realtà, cioè al solo luogo dove viviamo, lì da dove tutte le fantasie decollano e dove tutte le fantasie fatalmente tornano. Una delle più grandi qualità che può avere il fotografo di Natura (ma non l'ha come fotografo bensì come persona) è di avere devozione per l'Universo, quella di sentirsi piccolissimo al suo confronto ma al tempo stesso grandissimo, perché, come ogni persona, lo può guardare da un punto di osservazione assolutamente particolare, quello della ragione e dello spirito. Possiamo per questo considerarci esseri superiori, ma non dobbiamo far derivare da questo solo dei diritti, ma soprattutto dei doveri: diamo infatti prova di superiorità solo se ammiriamo, rispettiamo e capiamo Ciò o Colui che ci ha generati, la sua Creazione diretta e le sue creature. O almeno provandoci. Ecco la parte più alta dello spirito della fotografia di Natura: dovremmo sempre provare a metterla dentro l'immagine. Questa meditazione ci può essere stimolata da un ampio paesaggio come dalla geometria di un piccolo fiore, e non vedo buone argomentazioni contro questa grandiosa visione dell'idea che sta dentro al nostro genere di fotografia. L'unica obiezione valida è che difficilmente il lato formale della foto è pari al suo ideale, ma questo significa non solo che la grande fotografia di Natura è sotto questo aspetto molto difficile, ma anche che qualora ci sia un alto pregio estetico allora siamo di fronte ad una grande opera, siamo di fronte ad un bel corpo che contiene un grande spirito. Quale altro genere di fotografia ha in sé un ideale più nobile? Al massimo può avere un ideale altrettanto nobile quella che mira alla riflessione sulla condizione sociale o sulla sofferenza umana - e lo ha - ma che senso ha riflettere sulla sofferenza senza cercare o sperare di far qualcosa per diminuirla? Solo nell'ottica di un giusto rapporto con la Natura, col Creatore e poi con altre persone possono essere ridotte le sofferenze, soprattutto dell'animo, quelle che il benessere materiale - lo vediamo continuamente ma non riusciamo mai a capirlo!! - non compra. Ovviamente l'idea che sta dentro a qualsiasi immagine può arrivare al fruitore solo se questo è nelle condizioni culturali e spirituali adatte a riceverla: nessuna grande idea troverà posto in un piccolo cuore. I fotografi naturalisti devono continuare a proporre la grandiosa varietà della natura nelle loro immagini, per continuare ad arricchire tutto il mondo della fotografia, anche se purtroppo esistono persone che rimangono insensibili di fronte all'espressione più grandiosa e concreta di ciò che li ha generati e moltissime altre che, pur ammirandola, non riescono ad andare oltre lo strato dell'emulsione della pellicola: queste persone perdono così la possibilità di arricchire se stessi. È anche dalla diffusa incapacità di lettura - o di lettura positiva - del rapporto con la Natura e la Creazione, che deriva l'incapacità di alcuni ad attribuire alla fotografia di Natura un grande "valore aggiunto" oltre quello formale, nonostante siano esistiti fotografi del calibro di Ansel Adams. Se chiedo il perché le risposte possono essere divise in due principali: la mancanza di progettualità nell'immagine rappresentata e il mancato "trascendere" la realtà. Per controbattere basterebbe forse portare come esempio tutti quei grandi maestri del reportage - da molti considerati artisti - che traevano proprio dalla realtà la forza delle loro opere e che non preparavano certo le scene: bastano Cartier-Bresson, Bourke-White, Lange, Brassai, Adams, Hine e Stieglitz? Ricordiamoci bene che il mondo naturale è esistito e può esistere anche senza di noi ma che ogni fotografia con pretesa creativa non potrebbe esistere - e spesso infatti non si ripete mai esattamente - senza QUEL fotografo. Il fotografo di Natura è un interprete del grande e prezioso libro della Natura, una seconda Bibbia che tradurrà in immagini fotografiche secondo la sua personale sensibilità ed abilità. E non si pensi che molte delle nostre foto siano affidate al caso: esse raramente sono casuali e mi capita spesso di pensare che niente di preparato e manipolato poteva esprimere me stesso meglio di quell'immagine apparentemente "rubata" alla Natura. La fotografia cosiddetta "creativa" solo perché è elaborata e manipolata è ben lungi dall'avere il monopolio di far esprimere al fotografo ciò che ha dentro di sé e anche la fotografia naturalistica propriamente detta può essere davvero creativa. Per il resto io sono qui: aspetto ancora qualcuno che mi dica perché la fotografia per essere arte debba per forza "trascendere la realtà" come recitava G. Cavalli nel '47 e col quale molti sembrano essere ancora d'accordo, io assolutamente no! Ripeto che la grande forza della fotografia, quella che ne fa per me la forma di arte figurativa più grande, è proprio il poter dare dignità alla forma e all'espressione soggettiva anche e soprattutto nella rappresentazione non trascendente della realtà. Ma io non faccio lo stesso errore alla rovescia: apprezzo molto ed invito quindi ad apprezzare in fotografia anche, ma non solo, la fantasia e la creatività "pura" (ammesso e non concesso che questa esista). Termino citando ancora una volta il francese Denis Brihat: <<La fotografia è il mezzo di ricerca poetica per eccellenza; è un rivelatore dell'Universo. Il soggetto è infinito, perciò l'artista può fare opera personale in funzione della sua scelta, proprio come il pittore di fronte ad una tela bianca.>> e l'americano John Shaw: <<Se la costruzione di una fotografia è più evidente del contenuto, come fotografo avete fallito: siete solo un dilettante nel peggior senso della parola.>> carlodelli; dicembre 1998, rivisto nell’agosto2009
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