Rapporto tra tecnologia digitale e fotografia "realista" - Contributo preliminare sulle applicazioni pratiche
È obbligatorio oggi confrontarsi con il digitale in fotografia e vorrei qui esporre alcuni pensieri sul rapporto tra digitale e quei generi di fotografia "realista" in cui necessita per definizione, ma soprattutto moralmente, un'aderenza alla realtà che si ha di fronte "al momento dello scatto". Mi riferisco alla fotografia di reportage, al fotogiornalismo ma ancor più alla fotografia naturalistica, un problema che pur esistendo prima del digitale è ora enormemente ampliato. Sostengo come prima cosa che tutti possiamo usare il digitale, affermazione solo apparentemente scontata. È ovvio infatti che il digitale permette più facilmente di manipolare le immagini e di dire bugie e quindi aiuta i disonesti, ma non possiamo fare a meno di confrontarci con l'esistente per usarlo onestamente. Occorre invece stabilire fino a che punto si può agire sull'immagine rimanendo nel campo di una fotografia che abbia la realtà come idea-guida. Se ho prodotto una diapositiva a colori ci possono essere tre ipotesi o principi: n°1) la stampa deve essere più uguale possibile a come lo sviluppo ci ha consegnato la diapositiva n°2) la stampa deve riflettere ciò che si vedeva nel mirino della macchina fotografica al momento dello scatto, n°3) la stampa può rappresentare la realtà che il fotografo ha visto in natura, sul campo. Se invece ho prodotto un file "raw" già le cose si complicano perché non si ha più la prima ipotesi, perché a seconda di come ho impostato l'acquisizione dell'immagine grezza la devo comunque modificare una volta passati a jpg, tiff o quant'altro e devo farlo oltretutto sul particolare profilo colori del mio schermo. I tre principi sono apparentemente simili ma portano invece a valutazioni molto diverse. La proposizione n°2 è quella di gran lunga più accettata dalla maggior parte dei colleghi che ho sentito sull'argomento, ma siccome c'è ovviamente anche chi la pensa diversamente prenderemo in considerazione anche le altre ipotesi. Secondo principio. Abbiamo scannerizzato e reso l'immagine sul monitor più simile o alla dia o a quello che ci si ricordava nel caso del raw: quali interventi possiamo fare su questo file di base? Secondo me molti, ma, ATTENZIONE, tutti con un limite purtroppo difficilmente definibile. Prima di elencare una serie di possibilità voglio far riflettere un momento, portando come esempio il fatto che usando tempi brevissimi per "congelare" un'azione o di tempi lunghi su acqua corrente, otteniamo foto universalmente considerate accettabili come naturalistiche anche se l'immagine che otteniamo sulla pellicola è diverso da ciò che vedevamo: sono casi in cui accettiamo GIUSTAMENTE la "traduzione" della realtà tramite il linguaggio fotografico. Detto questo vediamo alcune delle tante possibilità. Terzo principio: la stampa deve riflettere la realtà che il fotografo ha visto non nel mirino al momento dello scatto, ma ciò che generalmente ha visto sul campo. Le applicazioni di questo principio mi trovano per lo più contrario. Intanto se lo estremizziamo possiamo anche inserire in un'immagine il soggetto di un'altra immagine (il famoso "sandwich"). Esempio: vediamo una farfalla su un fiore ma questa vola via prima che scattiamo; allora fotografiamo prima il fiore e poi seguiamo la stessa farfalla fotografandola poco più in là; digitalmente scontorniamo poi la farfalla dalla seconda fotografia e la "mettiamo" sul fiore; abbiamo riprodotto così quello che avevamo visto in natura e in teoria quindi l'operazione sarebbe consentita. Credo che AGGIUNGERE qualsiasi cosa al fotogramma ottenuto con uno scatto ci pone al di fuori dalla fotografia realista e naturalistica in particolare. Ne segue che vedo men che mai ammissibile qualsiasi manipolazione che riproduce una realtà naturale "possibile" ma non ottenuta con uno specifico "scatto". A proposito di sandwich si potrebbe invece discutere una diversa soluzione del caso (D) del secondo principio: fotografando bosco e cielo con due diversi scatti con diversa esposizione da ridurre poi ad una sola immagine. Personalmente sono perplesso. Ci sono anche altri casi su cui non so esprimermi con sicurezza. Il TOGLIERE qualcosa di secondario naturalisticamente ma importante fotograficamente. Ad esempio il "gardening" consiste nella possibilità di aggiustare un po' la scena. Se vogliamo fotografare una rara orchidea ma un comunissimo filo d'erba è piazzato proprio davanti, molti fotografi naturalisti ammettono il diritto di spostarlo o tagliarlo, se un rametto è proprio davanti all'agognato nido di volatili, molti ammettono il diritto di spostarlo momentaneamente durante l'appostamento. Ma chi si arroga questi diritti come può scandalizzarsi se i fili d'erba o i rametti vengono lasciati dove sono durante gli scatti e vengono tolti dopo, digitalmente? si potrebbe addirittura dire che, con lo stesso risultato, dal punto di vista naturalistico può essere meno dannosa la seconda soluzione. Altro esempio tra i tanti: l'ombra di un filo d'erba cade proprio sull'occhio di un camaleonte o del quetzal che con tanta fatica e tante spese ho fotografato; posso toglierla senza stravolgere così la realtà che avevo nel mirino? A molte domande non c'è una risposta certa. Un amico fotografo ha osservato, e son d'accordo con lui, che potendo stampare in casa le proprie immagini può finalmente fare col colore quello che tanti altri colleghi hanno sempre fatto col bianco e nero: partire da una pellicola ed arrivare ad una stampa che ci soddisfi per quel che abbiamo visto e per quello che vogliamo trasmettere di ciò che abbiamo visto. Nessun bianconerista è stato accusato di taroccare le fotografie perché maschera certe parti dell'immagine, perché decide il contrasto secondo lui più adatto o perché si sceglie il supporto cartaceo che più gli piace. Ripeto che in un mondo dove è facile dire bugie non tutte le immagini sono bugiarde; preferivo un mondo dove dire bugie era molto più difficile, ma è "l'oggi" che dobbiamo cercare di guidare, senza mettere la testa sotto la sabbia. In un tal mondo succede anche che certe immagini genuinamente naturalistiche, proprio perché bellissime o perché ottenute con tecniche particolari (cioè le immagini di natura più interessanti e significative) vengono sospettate di essere "fasulle". Mi è personalmente capitato di dover smettere di mandare ai concorsi una simile immagine, perché pur essendo esattamente quello che si vedeva sulla diapositiva veniva presa per manipolata. Ma d'altra parte quando si sta dall'altra parte, in giuria, abbiamo paura di essere "fregati" dall'imbroglione di turno e nel dubbio si escludono a volte delle foto che invece meriterebbero tantissimo. Tutto questo è molto triste per la fotografia naturalistica e per tutta la fotografia che si ispira alla realtà, ma il mondo è così, cerchiamo tutti di agire onestamente per farlo meno triste possibile. carlodelli 2005 PS Febbraio 2008 |