ANSEL ADAMS - La creatività nell'arte fotografica |
“L’arte nasce dalla creatività umana, tanto che nella prima definizione di arte del pensiero occidentale si dice che arte è creazione (Platone, Simposio).
La creatività ha come base essenziale l’intuizione personale ma è stimolata dal contatto col mondo “esterno”, umano e naturale, e raggiunge il suo massimo quando nasce contemporaneamente dall’intuizione personale e dalla contemplazione del mondo.
L’arte prende sempre un pur minimo spunto della realtà fisica e la unisce miracolosamente alla realtà spirituale. Ma questa unione è miracolosa in senso proprio solo per chi crede erroneamente che materia e spirito siano in contrasto, ed è tanto più nobile e utile alla persona umana quanto più è legata alla realtà.”
Queste considerazioni mi sono state suggerite dalla lettura dell’autobiografia di Ansel Adams, un libro costituito soprattutto da esperienze umane personali e ricchissimo di riflessioni profonde sul senso della vita.
Tuttavia l’argomento direi “essenziale” del volume è la creatività in fotografia. Infatti “creatività” (insieme a Natura) è la parole che l’autore più usa quando parla del significato e delle radici della propria opera.
Oltre a godere delle numerose fotografie che accompagnano il testo, andando avanti nella lettura si scopre quella parte importante della storia della fotografia che va dalla fine degli anni ’20 alla metà degli anni ’60 del novecento, periodo in cui si concentra lo sforzo innovativo dell’autore (anche se ovviamente il libro arriva, come la sua vita, fino agli anni ’80).
Ciò che rende veramente grande il fotografo americano è di essere riuscito (con Alfred Stieglitz ed Edward Weston) a far emergere la fotografia come arte autonoma dalle altre arti, in tempi in cui questo era tutt’altro che scontato.
La chiave che viene caparbiamente usata dall’Autore per imporre questa visione è la dimostrazione che la fotografia può non solo stimolare ma addirittura esaltare la creatività, tramite l’interpretazione personale della realtà. Tale caparbietà derivava dal fatto che Adams sentiva dentro di sé che quello era vero e positivo, e che poteva esserlo anche per le altre persone.
Una delle tacche principali di quella chiave era la rappresentazione del reale, perché è quella che rende sicuramente originale la fotografia.
Io aggiungo “visiva” all’espressione “rappresentazione ella realtà”, cosa che non fa quasi nessun critico o fotografo, ritenendo ciò sottinteso o superfluo. Invece io credo sia importantissimo, per il modo in cui la mente umana funziona, ricordarlo sempre.
Dice Weston nel ’32: <<…ho dimostrato tramite la fotografia che la Natura ha tutte le forme astratte (semplificate) che qualunque altro artista possa immaginare. Con la macchina fotografica vado direttamente alla fonte… Trovo pronto per l'uso, seleziono e isolo ciò che loro devono "creare">>. È bene qui precisare che questa interpretazione personale della realtà, che può ben essere nell’astratto, non è tuttavia mai bugia, elaborazione o stravolgimento della realtà stessa, ma realtà resta, vista con gli occhi e con la mente del fotografo, ed espressa con il linguaggio fotografico nelle sue numerose variazioni.
Precisa Ansel nel 1933: <<L'atteggiamento obiettivo non implica affatto che la fotografia non sia anche emozione. ...l'obiettività è soltanto lo strumento dell'emozione intensa>>.
Adams fu il principale fondatore ed animatore del famoso “Gruppo f/64” che divenne sinonimo di un forte interesse per la “fotografia pura”, cioè di <<fotografie che sembrino fotografie e non imitazioni di altre arti (1932)>>.
Accenno alla prima mostra di fotografie in un grande museo “Creative photography”
Ho letto recentemente in un’indagine svolta presso pubblico, fotografi e critici, che i fotografi più famosi e significativi del ‘900 sono Henri Cartier-Bresson per gli europei e Ansel Adams per gli americani, ed è quindi difficile trovare qualcuno che si occupi di fotografia e non conosca Adams. Ma vorrei che fotografi e critici di casa nostra dimenticassero tutto del nostro autore e vorrei chiedere loro d’indovinare che genere di fotografia facesse, considerando alcuni passi del libro, che ora riporto.
Nel 1935, in un articolo sulla fotografia creativa per il magazine “Modern Photographer” lui scriveva: <<… l’artista continua ad esplorare mondi esteriori e a creare nuovi mondi interiori; la fotografia è un’indagine dei mondi esterni ed interni insieme>>; Edward Weston, nella prefazione ad un libro di Adams, scriveva da parte sua: <<…in ultima analisi l’uomo è visto come il vero e proprio mezzo espressivo; a guidare la fotocamera, come il pennello del pittore, deve esserci un’intelligenza: la forza creativa>>; per Alfred Stieglitz come per Adams <<la fotografia era il mezzo per dire cose essenziali della vita, ciò che un individuo sente del mondo e dei suoi rapporti con esso e con gli altri esseri umani>>.
Ebbene io credo che quasi nessuno, oggi, penserebbe da queste citazioni che il nostro Autore sia stato, com’è stato, un fotografo di Natura… o forse nessuno oggi come ieri, perché lui stesso si arrabbiava col mondo artistico dei suoi tempi: <<La maggior parte delle opere che vedo… non appartiene all’espressione profonda. Gli autentici creatori contemporanei, relativamente pochi, sono in risonanza con l’eternità (1947)>>.
Il 90% delle sue opere ha soggetti completamente naturali, soprattutto paesaggi e particolari, e voglio rimandare la discussione sul fatto che si esprimesse in bianco e nero (aveva scelta?) esagerando i contrasti o certi toni. Certamente oggi si potrebbe dire che le modifiche che lui operava alteravano la realtà che aveva davanti agli occhi al momento dello scatto, ma questo è di sicuro marginale rispetto al tema principale del libro.
Mi preme invece sottolineare un significato profondo della sua opera: chi è in contatto con l’eternità sente che il mondo umano è sì molto importante, ma è ben lontano da essere tutto il mondo. Chiunque vede solo il mondo umano, disprezzando o anche solo ignorando quello naturale, perde la parte più grandiosa del mondo, ed anche la più originale ed originaria. E personalmente ho molti dubbi che chi non ha considerazione per il mondo naturale possa trattare davvero positivamente il mondo umano, e ritengo che facilmente farà, anche se talvolta in buona fede, cose molto negative.
Nel 1962, in una lettera a Dorothea Lange, il nostro autore dice: <<... mi arrabbio quando si teorizza che se la fotografia non ha una funzione politico-sociale è priva di valore per gli altri. Mi arrabbio per il palese rifiuto della bellezza... Io non ho paura della bellezza, della poesia, del sentimento. Penso che sia importante portare alla gente la prova delle bellezza del mondo naturale e dell'uomo tanto quanto documentarne la bruttezza e la disperazione>>. Ho messo in grassetto le parole che sono uno dei manifesti della mia vita. E intendo della mia vita tutta, non solo della mia vita di fotografo.
Il Creatore, l’Energia Creatrice, se vogliamo usare un’altra parola diciamo pure Dio, non si sente o si vede solo in una chiesa. Dio si sente e si vede anche e soprattutto nella Natura. Un Dio che disdegna la Natura e che sottomette completamente la Natura stessa e gli animali all’Homo - e ce ne sono di questi dèi! – non è il Dio universale creatore del Tutto.
Esistono persone che non credono che Dio si possa trovare in una chiesa, in un tempio o in una moschea. E in chiese, templi e moschee diverse si crede a dèi diversi, molto diversi tra loro, questi sono fatti. Ma non si può dubitare facilmente che l’Universo e la Natura del nostro pianeta siano opera di un Essere o una Entità suprema e unica.
Dice il vecchio Ansel nel 1982 come in un testamento morale: <<Il mio approccio alla fotografia si basa sulla mia fede nella forza e nel valore del mondo naturale, nei suoi elementi grandiosi o minimi. Credo nella gente, negli aspetti più semplici della vita umana, nel rapporto tra uomo e natura. Credo che l'uomo debba essere libero, nella mente e nella società, che debba costruire la propria forza affermando l'immensa bellezza del mondo e confidando nella capacità di vedere e di esprimere la propria visione. E credo nella fotografia come mezzo per esprimere tutto ciò e per raggiungere la felicità e la fede>>.
Questo ha espresso un fotografo naturalista con le sue opere: l’accostamento senza possibilità di separazione della sua “vicinanza al mondo naturale” con la sua “vicinanza al positivo”. Aveva capito che la Natura come espressione diretta della creazione non è inferiore alle opere umane, e che la sua contemplazione dovrebbe avere un peso ben maggiore di quanto non ne abbia - oggi come ieri - nella vita e nell’arte, soprattutto in quell’arte fotografica a cui lui ha dato gran parte di se stesso.
In questo libro ci sono scritti concetti che mi emozionano fino alla pelle d’oca, e che mi hanno incoraggiato agli inizi del mio fare fotografia. Ancora una fra i tanti: <<Le sole cose compatibili con questo grandioso Universo sono le opere creative dello spirito umano>>. Anche le nostre fotografie di Natura possono esserlo, e spesso lo sono! Vorrei che tutte noi, persone, ne fossimo consapevoli.
Ansel Adams è stato una persona, un fotografo, un appassionato naturalista ed un artista in risonanza con la bellezza e l’eternità. Tutte, nel nostro piccolo, possiamo e dobbiamo cercare di esserlo, come fotografi e come persone.
Carlo Delli, marzo 2000 |