BELLEZZA e FOTOGRAFIA
La Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa ha organizzato una serie di eventi sulla relazione tra Bellezza, piante e paesaggio agrario, e mi ha invitato a tenere l’intervento di apertura per parlare della Bellezza in generale e di come viene percepita da un fotografo. Il mio intervento includeva una proiezione di fotografie. Ne ho tratto questo scritto.
Ho iniziato a fotografare più di trent’anni fa con lo scopo di collezionare insetti. Studiavo entomologia, volevo classificare quanti più insetti possibile e le foto erano quindi documentative, dovevano solo mostrare i caratteri distintivi di ogni specie. Ma ogni tanto mi imbattevo in immagini che mi colpivano perché avevano una luce particolare, una geometria singolarmente attraente, una combinazione di colori suggestiva... in altre parole alcune di queste foto erano BELLE e anno dopo anno questo mi capitava sempre più di frequente. Ero quindi sempre più attratto dalla Bellezza. La macchina fotografica poteva farmi “portare a casa” la Bellezza!, potevo riguardarla quando volevo e per merito delle fotografie potevo condividerla con altre persone! Ho così rivolto l’obiettivo verso nuovi soggetti fino a esplorare quasi tutti gli aspetti della storia naturale cercando la Bellezza ovunque essa fosse.
Però un conto è essere anche profondamente immerso nella Bellezza, e un altro doverne parlare in un consesso come questo. Ho dapprima pensato ai filosofi dell’antica Grecia, ma mi sono ritrovato in un oceano sterminato. Ho allora fatto come quando mi sono occupato dei rapporti tra poesia, prosa e fotografia, affrontando l’oceanico argomento da un molo sicuro, prosaico ma solido: un vocabolario, anzi “il” vocabolario, il Devoto-Oli.
Come vi è definita la Bellezza? In maniera splendida: <<Bellezza è la qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione>>. Meraviglioso! Però è importante vedere il significato di “appagare” che è: <<soddisfare, contentare, provare gioia interiore>>. E vediamo anche “bello”: ciò che è <<capace di provocare un’attrazione fisica o spirituale fine a se stessa, in quanto degno di essere ammirato e contemplato>>.
Queste definizioni mi hanno incoraggiato a formulare la mia prima tesi sulla Bellezza, tesi che ho sempre sentito vera e viva dentro di me, una tesi impegnativa ed estremamente profonda, che ci porta nei massimi sistemi, anzi direi nel sistema massimo, la esprimo così: <<la Bellezza è importante, anzi secondo me indispensabile, per il compito principale della nostra vita che è quello di conferirle un senso positivo per essere sereni e se possibile felici>>.
Scusatemi, ma la Bellezza non porta a niente di meno che a questo!! Come abbiamo visto parlando di Bellezza si parla di animo, si parla di gioia interiore, si parla di spirito!, e la frase centrale che sorregge la mia prima tesi è infatti “la Bellezza appaga l’animo attraverso i sensi”, perché ci presenta una possibilità di cui io sono convintissimo: la Bellezza è capace di mettere in contatto tra di loro il mondo materiale e il mondo spirituale, il corpo e la mente, il contemplare e l’oggetto contemplato: ebbene la capacità di armonizzare tra loro questi aspetti della nostra realtà, spesso erroneamente ritenuti contrapposti, è una delle tappe indispensabili per riuscire a dare un senso positivo alla nostra vita. Attenzione, non ho detto “trovare” un senso positivo, ma “dare” e “conferire”, perché questo senso profondo non è bell’e pronto da trovare da qualche parte fuori di noi, ma dobbiamo impegnarci a costruirlo dentro di noi, occupandoci del rapporto con l’Universo, con gli altri e con noi stessi. Ovviamente capite bene che ognuno di questi argomenti meriterebbe ben altro approfondimento. La seconda tesi, sostenuta da tanti filosofi, è: <<la Bellezza, pur avendo a che fare col “collettivo” e col “sociale” è, nel suo significato più profondo e originale, un fenomeno interiore e personale>>. Sì, perché se non l’abbiamo dentro di noi non possiamo vederla fuori di noi. E poi è banale ma evidente che non c’è niente che piaccia a tutti e, come accade di frequente, quello che per noi è bello e ci dà piacere, può lasciare indifferenti o addiritttura disgustare altre persone. Purtroppo, per la loro costituzione mentale e per il loro vissuto infantile, esistono persone che difficilmente apprezzano la Bellezza. Peggio ancora: moltissime di noi, pur apprezzandola quando càpita, non la ricercano attivamente, oppure ne rimangono in superficie, senza riuscire a farne un arricchimento per lo spirito.
La Bellezza non è solo nelle “cose” materiali ma è anche in “cose” immateriali, come le emozioni, i sentimenti, le idee, le credenze, la conoscenza, la musica e tanto altro . Mi ha sempre affascinato il fatto che tutti i grandi scienziati, a cominciare da Einstein, dicono che anche le formule scientifiche devono possedere bellezza, semplicità ed eleganza, con la Bellezza proprio al primo posto! E più sono belle più sono efficaci e illuminanti. Attenzione però: quando ci viene presentata la supposta bellezza di certe idee bisogna stare molto attenti, la questione è complicata, ricordo solo che il sig. Adolf Hitler parlava spesso della bellezza della razza ariana.
L’arte “occidentale” ha iniziato ad abbandonare la Bellezza dall’inizio del ‘900 e lo ha fatto massicciamente dalla sua seconda metà, a favore spesso di una neotenia insensata, dove la “novità” è diventato un valore assoluto e non, come invece dovrebbe, solo un valore aggiunto; tutto ciò a favore dell’eccentrico e, permettetemi, del brutto e del negativo. Si è arrivati a disprezzare e deridere la Bellezza: credo sia un sintomo importante di un “nostro” probabile declino. Uno dei miei progetti più ampi si intitola “...con lo sguardo verso il basso – Il Cielo in Terra” e vede tra l'altro dei lavori che mostrano la bellezza di pavimenti sia al chiuso (come quello della Collezione Maramotti di Reggio Emilia) sia all’aperto (come quello del centro storico di Volterra), per evidenziare quanto spesso calpestiamo la Bellezza senza nemmeno sospettare della sua presenza, e mostrare che la Bellezza è ovunque, basta saperla vedere... già, ma per vederla bisogna prima “sentirla”...
L’arte ha molte definizioni e una di queste è che le opere d’arte anticipano il futuro di una società: può essere che le tante opere definite d’arte e che a me arte non sembrano, lo siano invece in questo senso: aggiunte al dispregio teorico della Bellezza preannunciano la fine della nostra cosiddetta “civiltà occidentale”. Forse. I processi storici sono imprevedibili anche in fisica, figuriamoci nella storia umana!
Ma quanto c’entra questo tema con la fotografia? C’entra moltissimo, perché anche la fotografia, proprio come la Bellezza, “è capace di mettere in contatto tra di loro il mondo materiale e il mondo spirituale, il corpo e la mente, il contemplare e l’oggetto contemplato”. Mi scuso se ripeto un esempio che qualcuno avrà già da me sentito, ma è importante. Faccio una passeggiata sui monti, è primavera e vedo una orchidea selvatica: per me è bellissima, ammiro la Creazione, sento di appartenerle anch’io e ne sono fiero, mi meraviglio di poter riflettere su tutto questo e provo una grande gioia interiore. E mi viene voglia di moltiplicare questa gioia, condividendo l’emozione di questa visione con altre persone, come fare? Se voglio realmente far vedere il fiore ad altre persone devo toglierlo dalla sua terra, ma non voglio farlo, e allora? Esiste un modo alternativo che è definito in italiano da un verbo, sconosciuto alla gran parte dei possessori di macchine fotografiche e purtroppo anche a qualche critico o esperto di fotografia: questo verbo è “rappresentare”. Posso rappresentare il fiore. Il significaro primo di rappresentare è: far presente attraverso un linguaggio qualcosa lontano nello spazio e nel tempo. Ecco tre delle tante modalità di rappresentazione: 1) prendo carta e penna e “racconto” il fiore a parole, posso farlo lì sul monte ma anche a casa, a memoria, se sono bravo susciterò nel lettore la mia emozione usando il linguaggio verbale; 2) ho con me pennelli e colori e dipingo il fiore, posso farlo lì o, se ho buona memoria, posso dipingerlo anche a casa, magari esaltando i particolari che più mi hanno colpito, usando il linguaggio pittorico dei segni e dei colori; 3) tiro fuori la macchina fotografica e faccio una o più fotografie dell’orchidea usando il linguaggio fotografico, ma questo posso farlo lì e soltanto lì, perché solo la fotografia è un indice, cioè uno “stampo”, la pittura invece è sempre un simbolo. La fotografia quindi c’entra tantissimo, perché tra tutti i modi di rappresentare la realtà è quello che con la realtà ha più a che fare perchè rappresenta in buona parte automaticamente la realtà visiva: i fotoni devono partire dal fiore, entrare nell’obiettivo e colpire il sensore digitale che ne ricaverà dei numeri, oppure colpire l’emulsione della pellicola cambiandone lo stato chimico-energetico e rimanendovi dentro fisicamente! Ma i fotografi non sanno cosa mai significhi questo strano verbo, “rappresentare”, e lo confondono con “riprodurre” e dicono accalorati che la fotografia non riproduce la realtà, che è come dire trionfanti di aver scoperto che i cani non hanno le ali o che le galline non usano il computer! I semiologi sono concordi: la fotografia è un indice nel senso che esiste un legame diretto, anche fisico, tra la fotografia e l’oggetto fotografato.
Ecco l’importanza della fotografia nel trasmetterci la Bellezza, nel nostro caso la Bellezza della Natura: ce la riporta nella maniera più diretta possibile pur con tutti i limiti di una rappresentazione che ovviamente non sarà mai la realtà. Ad esempio il linguaggio verbale può darci indicazioni sull’odore, con similitudini e suggestioni, cosa che la fotografia non può fare. Ma la vista è alla grande il nostro senso più importante per la percezione della realtà.
Il linguaggio fotografico è molto vasto, ma nei suoi elementi base è al tempo stesso molto semplice, conoscerlo può dare al fotografo la possibilità di rappresentare i suoi soggetti in maniera documentativa e impersonale, oppure in maniera originale e personale, ma riporto un’affermazione impegnativa: la fotografia non dice MAI bugie, sono i fotografi che possono farle dire bugie in mille maniere, prima, durante e dopo lo scatto. Ma se la volontà e l’agire del fotografo sono quelli di non alterare* la realtà visiva che hanno davanti all’obiettivo, allora la fotografia è spesso la maniera più potente di rappresentare la Bellezza. E poi la possibilità di fare arte, trasmettendo con poesia e creatività il lato positivo della Creazione, rimanendo al tempo stesso ancorato alla realtà, è per me grandioso. Non importa se certe fotografie sembrano trascendere la realtà stessa, anzi!!, solo la fotografia può trascendere in questo senso la realtà senza alterarla e questo è ancor più grandioso! Sì, perché in questi casi l’essere umano, creatura, diventa esso stesso creatore senza alterare la realtà, alla quale appartiene anche e soprattutto in senso filogenetico.
La fotografia è nata con l’intenzione di rappresentare la realtà, di esserne un “indice”, è questa la caratteristica che la contraddistingue da qualsiasi altro tipo di rappresentazione ed è per questo che è una delle relativamente poche invenzioni così importanti da dividere la storia dell’umanità in un prima e in un dopo. Il fatto che il giorno seguente la sua invenzione la si sia usata anche per fare qualcos’altro, spezzando il rapporto di indicalità con la realtà e usandola invece come mezzo puramente creativo, o usandola per dire bugie, è un discorso importante e anche positivo, ma è successivo. Quando parlo di “fotografia” intendo quindi immagini NON alterate, altrimenti mi sentirete parlare di “immagini fotoprodotte”*.
Avete appena visto nelle fotografie proiettate molti aspetti della Bellezza in Natura, ma mi voglio soffermare su questa immagine di rara come dire... Bellezza!, non c’è modo migliore di definirla. Questa fotografia è la più documentativa possibile di questo luogo, chiunque l’avrebbe fatta così, eppure è un incredibile fantastico rincorrersi di curve e onde di roccia colorata, è così bella che sembra finta, fa pensare a un effetto digitale, a un trucco, ma questa è una diapositiva originale. L’ho messa di proposito sùbito dopo le precedenti piacevoli foto di geometrie di campi coltivati: qual è la differenza profonda con le precedenti? Il discorso sarebbe lungo e il mio tempo breve: in poche parole la differenza è che mentre coi campi rappresento in definitiva l’opera umana - e secondo me solo umana in quanto sono convinto che noi umani possiamo avere il libero arbitrio - in queste rocce è rappresentata invece l’opera diretta del Creatore. Per noi è importante relazionarci con entrambi questi aspetti della realtà ma il nostro rapporto col Creatore, che è fondamentale per dare un senso positivo alla vita, è quello più difficile da affrontare, è quello che non curiamo o non sappiamo come curare. Il nostro rapporto col Creatore è frenato da pigrizia e ignoranza; e da paura. Ecco che il fotografo di Natura, che lo sappia o no, ci aiuta a relazionarci col Creatore, mostrandoci a volte quella che noi chiamiamo la brutalità della Natura ma anche la sua Bellezza, e quando giunge all’astrazione crea un corto-circuito magico tra la creatura e il Creato.
Prima della mia ultima breve tesi vi lascio non delle risposte ma delle domande, collegate alle foto che vedrete adesso, ritenute belle da molti. 1) Chi può dire non essere bellissimo questo ghepardo? Eppure guardate, non può far altro che sbranare gazzelle: può essere definito bello un animale che fa questo? 2) Riconoscete cos’è questo? No. Eppure questa è una foto di Natura non alterata: come può essere bello ciò che non riconosciamo? 3) Questi “occhi” sono falsi, la falena si è spaventata e li ha mostrati fingendo di essere un animale più grande: è giusto che sia bella una bugia? 4) Per me questo ragno è bellissimo, è un ritratto naturale più potente di quello di un leone, e anche questa vespa è di una bellezza fantastica: com’è che troviamo belli animali per noi pericolosi? 5) E infine questi colori e queste forme così belle, sapete cos’è? No?! Ho chiuso la proiezione con questa foto perché ha a che fare con l’agraria: questo è a suo modo concime, sono deiezioni di uccelli: riflettiamo sul fatto che anche la merda può essere bellissima.
Per la mia conclusione porto due grandi testimoni, molto diversi tra loro per filosofia e epoca: Gandhi ed Epicuro. Gandhi ha detto che “l’opera d’arte più grande e più bella è una vita ben vissuta”, Epicuro ha detto che “non può esistere una vita felice senza che sia anche bella e una vita bella senza che sia anche felice”. La mia terza tesi, collegata alla prima, è quindi: <<la Bellezza più grande è una vita serena e se possibile felice>>. Direte che sono concetti difficili da definire, e invece no: “la serenità è la contentezza e la soddisfazione, consapevoli motivate e costanti, di essere nati e di stare vivendo, è la contentezza e la soddisfazione di avere còlto e capito, dopo averlo attivamente cercato, il senso positivo della propria esistenza (il che implica anche il non aver paura della morte)”. Non è difficile capire queste parole, anche se sono d’accordo con voi che è difficile raggiungere questa condizione. Ma spero di farvi riflettere dicendovi questo: se io sono a buon punto su questa strada, allora forse non è poi così difficile percorrerla, essendo io una persona qualunque, anche se ho avuto e ho un grandissimo aiuto dalla fotografia nel conoscere e riconoscermi nella potenza e nella Bellezza della Natura e quindi del Creatore.
L’ultima parola spetta ancora a Epicuro con un concetto meraviglioso e portentoso che vorrei avesse una parte importante nella vita di ciascuno di voi: “non è simile a mortale la persona che vive tra beni immortali” e la Bellezza è un bene immortale del quale possiamo sentirci parte; rappresentarla con la fotografia è per me fonte di serenità e felicità.
* Per l’importante concetto di alterazione e per l’approfondimento di cosa siano le immagini fotoprodotte potete vedere nella sezione “IDEE E ARTICOLI” del mio sito www.carlodelli.it, articolo n°2 “Rapporto tra tecnologia digitale e fotografia realista” e n°9 “Fotografie e immagini fotoprodotte”.
carlodelli dicembre 2.335 d.E. (2.014 d.C.) |